It was a good intake of six and seven-year-olds and she’d have another full class, but once again it looked like it was going to be one more year without boys. That was always the way; the boys would rather be playing football and those that did want to dance were too afraid of what their friends would say, which was absurd because ballet would only help them with whatever sport they wanted to play. She’d had some hope that attitudes would change when a few professional footballers had started taking ballet lessons, but that had been years ago and nothing had come of it since then.

Today was going to be their first lesson and their parents were here to see them take their first steps, literally, towards becoming the ballerinas that she was sure many of them dreamed of being. It was a dream that, sadly, for most of them wouldn’t come true. It was an unfortunate fact that more than 99% of girls who took ballet lessons all over the world didn't have it in them to become professionals. Some didn’t have the right body shape, or good enough feet, but more often it was just that they weren't willing to put in the hard work, to make the necessary sacrifices to make it in a hard world. Talent played a part, obviously, but talent was never enough without the will and discipline to really work.

Noi ragazze andiamo a prepararci, le lezioni cominceranno a breve, ci va un po’ di tempo a cambiarsi, riporre mucchi scomposti di vestiti negli armadietti, legarsi i capelli, togliere collane, bracciali, orologi.

In questo io faccio in fretta. Non porto mai cose che devo togliere o che posso perdere. Soltanto l’orologio, per il treno. Siamo rapide quanto basta e riusciamo a trovarci un posto che ci piaccia alla sbarra. Davanti a uno specchio che non ci ingrassi troppo, o che non deformi l’immagine spezzandola.

La sequenza di inizio è sempre la solita. Gruppi di esercizi da memorizzare e ripetere a destra e sinistra. Port de bras, plié, demi-plié; battements dégagé, dans l’air, grand battements. Rond de jamb, fouettè, al solito. Esercizi preparatori, stretching, spaccate, equilibri.

Ogni minimo esercizio spiegato dalle mani del maestro, nomi veloci, dettagli da non perdere. Sempre a imitare movimenti, a ripeterli perfezionandoli ogni giorno di più. Fare del proprio corpo una macchina perfetta.

Ci divertiamo, ridiamo sottovoce per non farci sgridare, osserviamo i nostri errori e quelli delle altre, degli altri, senza giudicare. Cerchiamo di imparare.

La danza classica è spaventosa e bellissima. Difficile, faticosa. Certe volte anche troppo. Altre volte dolorosa.

Come strisciare le punte dei piedi nelle scarpette dure di gesso fino a farle sanguinare. Vesciche aperte che tolgono il respiro. Calli da mettere su.

Le sequenze al centro, gli equilibri da tenere, gambe da alzare, giri su giri. Quanta fatica per imparare un solo movimento.

Eppure mi piace. Lo adoro. Non farei altro. Non faccio altro.

Ormai molti anni sono passati dalla sua scomparsa (1993) e il mondo lo ricorda, mentre ci si interroga su quel che resta, oggi, di Rudolf Nureyev. Ci si sforza di essere più oggettivi possibile, di osservare il “fenomeno” con animo equanime e critico, ma la lente attraverso cui si guarda, per quanto mi concerne, ha un difetto di rifrazione all’origine. Sono totalmente di parte, lo confesso.

Il ricordo di Nureyev si intreccia in me allo stupore di essere sopravvissuta a un ciclone. Immaginate di essere una giovane accanita melomane, e che qualcuno vi proponga di lavorare per Maria Callas negli ultimi anni di vita. Andreste in visibilio e accettereste, con la remota sensazione di consegnarvi alle fauci di una creatura temibile. Con lo stesso stato d’animo è iniziata nell’88 (proprio mentre lavoravo alla redazione di BallettoOggi!) la mia avventura da giovane addetta stampa di Nureyev  – qualifica in realtà molto flessibile: mi sono occupata di tournées e dintorni, in teatro si è jolly per definizione – e finita nel ’92, il giorno in cui non riconobbi più la sua voce al telefono e capii che il corpo era stremato dalla malattia, mentre erano in atto manovre per l’eredità alle quali non volevo assistere.

Occorreva un buon livello di resilienza per lavorare per il divo Rudolf in quegli ultimi, difficili anni, sapendo che, per tenerlo in scena, si combatteva una battaglia disperata e persa in partenza, da nascondere con cura per non violarne il segreto. Il carattere terribile che faceva tremare i suoi ballerini non si era addomesticato: non c’era mai un unico Rudolf, poteva essere vulnerabile e spregiudicato, generoso e avido, inaccessibile e “easy”, esplosivo e caustico, ma sempre sintetico e solidamente professionale nel comunicare. L’artista amplificava le qualità dell’uomo, quell’essere vetta e abisso, incapace di essere normale, di cavarsela da solo nelle piccole incombenze del quotidiano. Da ciò l’insofferenza per la via di mezzo, la mentalità impiegatizia, le logiche sindacali della professione tersicorea a lui intollerabili all’Opéra de Paris come alla Scala.

LONDRA E' stato annunciato oggi il successore di Tamara Rojo alla direzione dell'English National Ballet. Si tratta di Aaron S. Watkin, attuale direttore del Dresden Semperoper Ballett da lui diretto con eccellenti risultati dal 2006.

Canadese, danzatore all'English National Ballet, al Dutch National Ballet e al Frankfurt Ballet con William Forsythe, del quale era diventato assistente, Watkin ha guidato brillantemente la compagnia dell'Opera di Dresda ampliando il repertorio con grandi nomi del contemporano - oltre a Forsythe, in repertorio sono arrivati brani di Martha Graham, Sharon Eyal, Johan Inger e Pina Bausch e David Dawson- e rinfrescando con successo i grandi classici.

Watkin, che si accinge ad inaugurare la sua ultima stagione a Dresda con la creazione di Dawson "Romeo e Giulietta" assumerà l'incarico di direttore della formazione inglese nell'estate 2023.

ROMA Il Sovrintendente Francesco Giambrone ha assegnato ad interim l’incarico di reggere la direzione della Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma a Eleonora Abbagnato, Direttrice del Corpo di Ballo della Fondazione capitolina, a seguito delle dimissioni di Laura Comi, che ricopriva questo ruolo dal settembre 2011.

La Scuola di Danza dell’Opera, istituita nel 1928, è una delle più antiche e prestigiose scuole professionali italiane. Si trova in via Ozieri 8, in un suggestivo villino a ridosso dell’Acquedotto Felice che imprime alla Scuola un aspetto storico e particolare. Per la sua finalità la Scuola è da sempre impegnata, attraverso una mirata selezione, a preparare bambine e bambini, adolescenti e giovani, provenienti da ogni parte di’Italia e non solo, che intendono avviarsi alla professione del danzatore.